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Gruppo Speleologico Sacile
Gli ultimi anni di esplorazioni al Bus de la Genziana Cansiglio

Settembre 2022 Articolo di Filippo Felici

Pubblicato su: Speleologia n.° 86 - 2022
Aggiornamento al 2019


Un tratto delle gallerie chiamate “Le Corchiane”, nel Ramo Pandora.
(Foto Lorenz K. Rossato)

Il Bus de la Genziana, tuttora una delle maggiori grotte per estensione in Veneto, fu scoperta casualmente nel 1966, durante l’esecuzione di lavori di allargamento della strada provinciale che sale sul Cansiglio da Vittorio Veneto.
Con la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del decreto del 16 giugno del 1987 n. 298, il Bus de la Genziana diventò la prima Riserva Naturale Ipogea, attualmente gestita dal Reparto Biodiversità dei Carabinieri di Vittorio Veneto.

I due fondi storici terminano entrambi su sifone; questi si trovano grossomodo alla stessa quota (circa 470 m s.l.m.) e furono raggiunti nel 1969 dal Gruppo Speleologico CAI Vittorio Veneto.
Negli anni successivi sono stati diversi i tentativi, purtroppo vani a causa di problemi di torbidità, di superare i sifoni terminali, per cui la profondità della grotta è rimasta praticamente immutata.
Negli anni Settanta e Ottanta furono condotte anche altre esplorazioni a opera di diversi gruppi veneti, le principali delle quali sono relative al Ramo degli Omini Verdi (Gruppo Speleologico CAI Vittorio Veneto e Associazione XXX Ottobre) e al Ramo dei Marinai (Gruppo Attività Speleologica Veronese - Gruppo Speleologico CAI Sezione di Verona).

Alla fine del secolo scorso la poligonale della grotta risultava di circa 4 km.

La storia di chi scrive ha incrociato quella del Bus de la Genziana nel corso del 2007, sull’onda delle entusiasmanti esplorazioni condotte assieme al Gruppo Speleologico Ferrarese nel vicino Abisso del Col della Rizza.

In quel periodo la profondità dell’Abisso del Col della Rizza aveva appena raggiunto i 793 metri e aveva quindi decisamente superato quella del Bus de la Genziana; per questo motivo era logico che rivestisse, per noi, fino a quel momento, un ruolo solo di secondo piano.
Così, dopo tanti anni di stasi, finalmente nel 2007, speleologi appartenenti all’Unione Speleologica Pordenonese CAI ed al Gruppo Speleologico Sacile, in primis l’autore di questo articolo, ripresero in mano le esplorazioni della cavità, che, alla fine del 2019, misurava poco meno di 10 km.

La necessità di collegare i nuovi rami al rilievo allora esistente (ricostruito nel 2002 da Mara Contessotto e Barbara Grillo sulla base delle misurazioni effettuate da vari speleologi dall’inizio delle esplorazioni) ha reso necessario procedere al rifacimento ex-novo dell’intera poligonale che ha sostanzialmente confermato la bontà del precedente rilievo, anche se ne ha ridotto la profondità complessiva di una trentina di metri.

I toponimi utilizzati in questo articolo sono quelli riportati nel vecchio rilievo e comunemente utilizzati dagli esploratori attuali.





  Inquadramento geografico e geologico.

Il Bus de la Genziana (1000 VTV) si trova in provincia di Treviso, nel comune di Fregona.
Il suo accesso è posizionato lungo il ciglio della strada che da Vittorio Veneto conduce sull’Altopiano del Cansiglio.
L’Altopiano del Cansiglio fa parte del massiccio del Cansiglio-Cavallo e costituisce la propaggine più occidentale delle Prealpi Carniche tra Friuli-Venezia Giulia e Veneto.
L’ossatura geologica è costituita da una spessa successione di calcari di piattaforma e scarpata di età variabile dal Giurassico Superiore all’Eocene.
Il massiccio è interessato da uno sviluppato carsismo profondo con oltre duecento cavità e svariate morfologie di superficie che drenano le acque verso le principali sorgenti del massiccio.
Le sorgenti Gorgazzo, Santissima e Molinetto si trovano alla base del versante sud-est del blocco calcareo e da qui danno vita al fiume Livenza.
Alcune prove di tracciamento hanno mostrato una connessione idrogeologica tra l’Altopiano e le sorgenti della Santissima e del Molinetto.
Il Bus de la Genziana si sviluppa nei depositi di bacino e di scarpata formatisi durante il Cretacico, rispettivamente nella Scaglia per i primi 20 metri e nei Calcari della Formazione di Monte Cavallo per tutto il resto.
Nonostante lo sviluppo della grotta sia stato molto condizionato dalle faglie, non è trascurabile che la presenza della Scaglia soprastante abbia influenzato, rallentando, tempi e modi della speleogenesi.

Barbara GRILLO


I nuovi rami

Il primo degli obiettivi che ci prefiggemmo fu quello di riguardare il Ramo degli Omini Verdi, che eravamo certi terminasse su una strettoia.


Uno stretto passaggio tipico del Ramo degli Omini Verdi.
(Foto Filippo Felici)

Le parti rilevate indicavano effettivamente l’inizio di una condotta abbastanza disagevole al termine del ramo e i racconti lo confermavano.

Passammo invece quei 30 metri abbastanza facilmente e ci ritrovammo a percorrere ampie gallerie.

Ci accorgemmo, però, che queste prime parti erano già state esplorate.

Le scritte “AXXXO” e “GSCAIVV” impresse nel fango ne erano la testimonianza, anche se forse, se ne era persa la memoria.

Denominammo queste prime zone Omoni Rossi.

Nel giro di poche punte, tra il 2007 e il 2008, esplorammo oltre 1,5 km tra grandi gallerie e imponenti forre, attraversando sale completamente tappezzate da concrezioni (Sala delle Concrezioni, Sala Like in Frasax) e condotte quasi totalmente ostruite da depositi simil-fluviali.

Il ramo è suddiviso in tre parti: Omoni Rossi, La Lunga Via d’Oriente e Cansiglio Mon Amour.

La prima rappresenta tuttora l’estrema propaggine settentrionale della cavità ed è il punto dove le acque che provengono dagli Omini Verdi, dal Cansiglio Mon Amour e dalla Lunga Via d’Oriente convergono e si disperdono nella grande frana detta Buco del Lavandino: un intricato dedalo di gallerie freatiche con abbondante presenza di fango e massi di crollo e con evidenti indizi di ripetute piene, che regalerà grandi sorprese a chi avrà, in futuro, l’ardimento di affrontarla.

La Lunga Via d’Oriente rappresenta invece la propaggine più orientale della grotta ed è costituita da un’unica grande forra percorribile sulla volta, a circa 20-25 metri di altezza.

Durante l’esplorazione si manifestava in noi la sensazione che potessimo, a un certo punto, spostarci nella porzione friulana del Piancansiglio.

Il Cansiglio Mon Amour è la porzione più spettacolare di questo ramo.

È una gigantesca forra attiva sovrastata dalla presenza di tronconi di un’ampia galleria freatica riccamente concrezionata.


Particolari forme di corrosione sul soffitto della Galleria del Ramo del Travaglio.
(Foto Mauro Sacilotto)

Al termine della forra, la Sala Fine di Mondo è stata arrampicata sino a 60 metri dalla superficie, dove un’ampia frana blocca ogni tentativo di prosecuzione.

Poco prima di questa sala terminale, lungo la forra che vi conduce, è stato individuato uno stretto meandro impercorribile nel quale, nel corso del 2014, è stato effettuato con successo un contatto vocale tra speleologi posizionati in questo punto e altri in una zona particolare del Ramo del Biondo.

Nel 2009 venne risalito uno dei camini che fanno capolino sulla volta della galleria alla base del P. 60.

A questa piccola arrampicata (8-9 metri) ne segue un’altra di circa 15 metri che dà accesso a un meandro che conduce a una finestra che si affaccia a circa 10 metri dalla base del Pozzo dei Veronesi (Ramo dei Marinai), esplorato negli anni Ottanta.

Il ramo, sebbene modesto e di piccole dimensioni, si è rivelato cruciale per il prosieguo delle esplorazioni delle parti più profonde perché ha permesso, di bypassare la zona del P. 60 che rappresentava un ostacolo, in quanto spesso coinvolta in improvvise piene, consentendo agli speleologi di continuare le esplorazioni in tutti i periodi dell’anno.

A fronte della conferma tramite tracciamento del collegamento idrologico tra il Ramo del Biondo e il Cansiglio Mon Amour, nel 2012 furono portate avanti attività di scavo che permisero di esplorare nuovi ambienti oltre il vecchio limite del Ramo del Biondo.

Sono circa 200 metri caratterizzati da una piccola galleria ascendente e uno sprofondamento dove le acque del ramo si perdono, per “rivedere la luce” nelle parti terminali del Cansiglio Mon Amour.


Pianta del Bus de la Genziana


Sezione del Bus de la Genziana

Considerato l’avvenuto contatto vocale già citato in precedenza, questo ramo potrà rappresentare una buona alternativa per raggiungere ed esplorare meglio le zone degli Omoni Rossi, una volta che sarà avviata seriamente la difficile disostruzione necessaria al collegamento con il Cansiglio Mon Amour.

Il Ramo dei Marinai e la zona sopra il pozzo che dà accesso al Ramo della Gloria vennero rivisitati nel 2013 e fu raggiunta una piccola finestra (Eralì) a circa 8 metri di altezza.

Questo è l’accesso a un lungo meandro ascendente a tratti attivo e riccamente concrezionato.

La lunghezza totale del ramo è di circa 800 metri e, oltre a rappresentare l’estrema propaggine meridionale della grotta, è la zona che si spinge di più verso l’esterno, fino a sfiorarlo.

Possibili esplorazioni potranno essere condotte allargando la base del Pozzo del Marchese del Grillo, un bellissimo fusoide che fu risalito per circa 100 metri, le cui acque si perdono in un pavimento di frana.

Successivamente, nel dicembre 2014, durante la rivisitazione degli ambienti alti della diaclasi che precede il P. 70 per il rifacimento della poligonale, venne individuata una condotta quasi completamente tappata dal fango che, dopo una giornata di scavo, permise di scoprire il Ramo di Peppa Pig.


Il Fossilario, settore di antiche gallerie ormai inattive nel Ramo Pandora.
(Foto Lorenz K. Rossato)

Questo ramo, dopo una stretta e bassa condotta iniziale, è caratterizzato da un meandro discendente fossile che sprofonda a pozzetti per un centinaio di metri fino a intercettare le gallerie del Ramo Pandora.

Lungo circa 250 metri, non riveste particolare importanza esplorativa, ma esso rappresenta una via di fuga dalle eventuali piene del P. 70.

Rilevante è, invece, il meandro attivo a monte del Ramo di Peppa Pig, fermo al momento su un restringimento caratterizzato, però, da un notevole flusso d’aria.


Discesa di un pozzo lungo il Meandro delle Solovki, Ramo Pandora.
(Foto Lorenz K. Rossato)

Sempre durante il 2014, nel tentativo di bypassare per via aerea i due sifoni terminali, venne tentato un lungo traverso sulla spaccatura che si apre nella grande galleria laterale che diparte dalla testa al P. 36.

È il Traverso dell’Apriscatole, un lungo e vertiginoso passaggio aereo al termine del quale, dopo aver risalito altri 20 metri, si entra nelle prime gallerie del Ramo Pandora (Il Fossilario).

Quest’ultimo, decisamente labirintico, si sviluppa principalmente lungo una grossa faglia NE/SO ed è caratterizzato da grandi gallerie (Le Corchiane, Il VolgoKanal) e grandi meandri (Meandro dell’Epurazione, Meandro delle Solovki).

Il Meandro dell’Epurazione conduce a un terzo e nuovo fondo (raggiunto nel 2016), alla profondità di 532 metri dalle caratteristiche simili a quelle degli altri due già storicamente conosciuti.

Le esplorazioni di questo ramo sono state facilitate dalla presenza di un comodo campo base posizionato nelle gallerie in testa al P. 36.

Alcuni meandri vennero risaliti da circa -400 sino a raggiungere i -190 metri (le Solovki), ma importante fu, nel 2018, la scoperta di una galleria che permette di evitare lo scomodo Traverso dell’Apriscatole.

Il ramo, che rappresenta l’estrema propaggine occidentale della grotta, misura oltre 1,5 km e tanti risultano i fronti esplorativi ancora aperti.

Tra questi, sicuramente, citiamo il restringimento sul fondo della sala del Meandro dell’Epurazione (facile e veloce scavo, con presenza di aria), l’indagine al temine del grande Meandro delle Solovki e le arrampicate nei camini sopra le Gallerie Corchiane.

Alla sommità del Ramo dei Marinai venne continuato il lavoro di risalita nel 2016.

Qui le esplorazioni furono iniziate dal GSCAI-VV, ma tuttavia rimasero in sospeso per alcuni decenni.

Con le nostre esplorazioni più recenti è stato risalito un P. 50 e percorsa una bella galleria orizzontale dalle caratteristiche decisamente freatiche, che degrada in un lungo meandro attivo e ascendente.

Il ramo prende il nome di Geriatrik Park dove sono stati esplorati circa 350 metri di ambienti nuovi.

Al momento l’unico fronte esplorativo di questo ramo è la risalita del pozzo attivo che rappresenta l’attuale fondo.


Un pozzo lungo il Meandro dell’Epurazione, la via che conduce al terzo fondo.
(Foto Lorenz K. Rossato)

Le altre esplorazioni

Quelle sopra elencate sono soltanto la punta dell’iceberg delle esplorazioni condotte nel Bus de la Genziana dal 2007 al 2019.

Nel corso del 2018 venne esplorata La Galleria dell’Incredulo, lunga una cinquantina di metri, intercettata risalendo uno dei camini sopra il primo traverso della Galleria dei Traversi.

Sempre a partire dal 2018 sono in corso esplorazioni speleosubacquee de I Sifoni dei Fondi Storici.

La nostra idea, ancora tutta da dimostrare, è che i due sifoni non rappresentino la superficie piezometrica del sifone basale ma che siano, in realtà, sifoni pensili.

Il Ramo del Venerdì fu invece scoperto e indagato nello stesso anno, e al momento rappresenta una delle frontiere esplorative più interessanti per il futuro.

Esso si trova all’apice di uno dei tanti camini che s’intercettano percorrendo gli Omini Verdi e ospita il Salone del Venerdì, che è, per dimensioni, il secondo volume di vuoto più grande dell’intera grotta.

In futuro, si pensa che un serio lavoro di scavo nell’imponente frana che si trova alla base del pozzo terminale potrà condurre quasi sicuramente gli speleologi verso estese zone sotterranee ancora sconosciute.

Gli attuali esploratori, che sognano e pregustano questi vuoti, hanno già donato loro il nome: La Forra di Mezzo.

Chi scrive è convinto e ipotizza che a est-nord-est del ramo principale e, quindi, a ovest-sud-ovest del Ramo degli Omini Verdi, esista una forra che intercetta tutte le acque provenienti dalla piana, impedendo loro di raggiungere il ramo principale (dove tutti gli arrivi di acqua provengono da sud e ovest).

Le parti iniziali di questa ipotetica forra sarebbero il Ramo del Venerdì e la saletta dove si perdono le acque che caratterizzano le parti iniziali degli Omini Verdi.

Una breve risalita effettuata nel 2014, lungo un camino posto poco prima del Fondo Nuovo della grotta, ha permesso di esplorare circa 100 metri di un piccolo ramo il cui attuale limite si trova in un’ampia galleria probabilmente in connessione con il sovrastante fondo del Traverso dell’Apriscatole.

Questo breve ramo è stato denominato il Ramo Del Centocinquantesimo.

Alla base del P.70 un traverso posizionato a circa 20 metri di altezza ha per messo di esplorare un piccolo meandro fossile: L’anello DC.

Questo si rigetta, dopo una trentina di metri, nella forra sottostante.

Qui non appare nessuna possibilità esplorativa da segnalare.

Purtroppo, neanche le Risalite sotto il P.70 sembrano avere possibilità esplorative da segnalare.

Una di queste, iniziata negli anni Novanta, è stata terminata nel 2015 ma l’ampia galleria intercettata alla sua sommità si è rivelata, purtroppo, del tutto tappata, dopo pochi metri, da un’ingente quantità di fango.

Dal 2008 a oggi, una campagna di esplorazione ha permesso di posare gli occhi in tutti gli arrivi posti lungo il Ramo degli Omini Verdi (Sala Gisella, Sala de’ Fasoj, Sala Boh?, Sala di Mezzanotte).

Tutti questi camini arrivano a 40-50 metri sotto la quota dell’ingresso in corrispondenza della base della Scaglia, decisamente meno permeabile del Calcare Massiccio, dove terminano su strettoie impraticabili o riempimenti di frana.

Nel 2014, durante le molteplici esplorazioni che si stavano conducendo in diverse zone della grotta, è emersa la necessità di collegare le poligonali dei nuovi rami al rilievo già esistente.

Lavoro certamente non semplice da eseguire.

Così gli esploratori hanno deciso di realizzare una nuova poligonale dell’intera cavità.

A tal fine, i principali gruppi speleologici orbitanti nell’area del Piancansiglio (Gruppo Speleologico Sacile, Unione Speleologica Pordenonese CAI e Gruppo Speleologico CAI Vittorio Veneto) si sono accordati su un protocollo comune da seguire e, grazie a questa unione d’intenti, ora gli speleologi dispongono di una ricostruzione 3D della cavità che rappresenta un ottimo strumento per nuovi spunti esplorativi.


Ambienti rivestiti di fango caratterizzano il Ramo del Travaglio.
(Foto Mauro Sacilotto)

Nel periodo 2014-2018, con circa 128 giornate-uomo e 31 persone coinvolte, è stata topografata ex-novo l’intera cavità con l’utilizzo del DistoX.

Gli unici dati utilizzati per questa nuova versione antecedenti a tale periodo, e quindi derivanti da misurazioni effettuate con strumentazione tradizionale, sono quelli dei rami esplorati e rilevati nel triennio 2007-2009 (rami oltre gli Omini Verdi).

Inoltre, il Pozzo del Marchese del Grillo non è mai stato rilevato e quello rappresentato nel disegno è soltanto una ricostruzione a memoria dell’autore.

Il nuovo rilievo, seppur confermando la bontà della ricostruzione topografica di quello del 2002, ha ridimensionato, come s’è detto, di una trentina di metri la profondità della grotta (da 587 a 552 metri) e ne attesta lo sviluppo (inteso come somma delle tratte di poligonale) a circa 9,4 km.

La ricostruzione è stata effettuata utilizzando il software cSurvey, ideato e sviluppato da Federico Cendron, che permette di gestire e visualizzare la topografia nelle tre dimensioni, fornendo un utile supporto per le future ricerche.

Nel rilievo sono stati riportati i toponimi indicati dai primi esploratori e, laddove nel corso degli anni gli stessi sono stati modificati, il toponimo attualmente utilizzato è stato riportato tra parentesi.

Conclusioni

Le esplorazioni condotte negli ultimi anni hanno dimostrato che la conoscenza geografica del Bus de la Genziana è ben lungi dal potersi considerare conclusa.

In molti casi è bastato non dare troppa importanza a vecchie dicerie che descrivevano come inesorabilmente chiusi alcuni rami o particolarmente difficili altri.

Nella maggior parte dei casi, quindi, è stato possibile esplorare semplicemente aprendo gli occhi e uscendo da schemi mentali preimpostati.

La scusa del rilievo ha poi dato ulteriori nuovi stimoli.

Man mano che si rivedevano porzioni di grotta dimenticate dagli anni Ottanta, dove si risalivano vecchie corde marce abbandonate su arrampicate avviate negli anni Novanta e mai completate, si scoprivano nuove diramazioni.

Ora, con il rilievo 3D completo, è più facile immaginare nuovi vuoti da esplorare: questo strumento fornisce, infatti, altri punti di vista per meglio comprendere ciò che ancora non si conosce, di questo vuoto che noi chiamiamo Bus de la Genziana.

Infatti, è notizia recentissima l’esplorazione di una nuova grossa forra acquatica discendente, denominata Omicron, che promette ulteriori sviluppi chilometrici.

Ringraziamenti

Un ringraziamento ai molti compagni di esplorazione, in particolar modo ad Andrea “Mammolo” Macauda, a Barbara Grillo per l’inquadramento geologico, al gestore della Riserva, Reparto Carabinieri Biodiversità di Vittorio Veneto colonnello Michele Di Cosmo per la disponibilità e il supporto alle esplorazioni, e infine alla mia famiglia.